Sarà pure uno stereotipo, ma Michael sembra un perfetto comico ebreo.
Anche se poi, io, pensando alla comicità ebraica, non ho in testa molto più che Woody Allen e Moni Ovadia. "Colpa di tutto quel caldo nel deserto. Gli Arabi sono matti, e gli Ebrei sono matti pure loro!".
Ha una risata contagiosa, Michael. La mole e l'andatura lenta, causa un intervento alla gamba, lo rendono ancora più simpatico. Per anni il suo lavoro lo ha portato in giro per il mondo a vendere sofisticate apparecchiature mediche.
Utilizzando tecnologie militari, l'azienda per cui lavorava è stata quella che ha inventato la macchina per fare le ecografie. Dall'Asia al Medioriente all'Italia. Come tutti gli americani, per lui il nostro Paese è piccolo. In un solo giorno, in macchina per tre appuntamenti, da Roma a Firenze e poi Torino. L'anno era il 2006, poche settimane prima delle Olimpiadi. "Si, un viaggio semplice. E la vostra città, prima dei Giochi, era in continuo movimento". Raggiunta l'età della pensione, Michael e la moglie hanno iniziato una nuova carriera come agenti immobiliari.
Come dice lui stesso, Michael è un ebreo atipico, più attento alla famiglia che alla religione. Per questo sta cercando di tenere i legami con tutti i cugini sparsi per gli States, dalla Florida alla California. Ed è molto protettivo. In un pomeriggio ci mostra quelle che, a suo parere, sono le zone migliori per una famiglia nell'area metropolitana di Seattle, quelle ad est del Lago Washington: Kirkland e Redmond.
Kirkland, in effetti, è una cittadina graziosa, con un centro pieno di negozi e ristoranti. E la vista del lago, dall'appartamento immerso nella foresta, è suggestiva davvero. Ma forse questo stile di vita, lontano dagli stimoli della città e desiderabile per quindici giorni di vacanza, non si addice proprio a chi, comunque sia, necessita della propria razione quotidiana di rifiuti. E almeno in questo, un punto di contatto con Woody Allen ce l'ho pure io.
Redmond, con i suoi numeri, fa impallidire quello che in Europa abbiamo sempre conosciuto con le One Company Town, tipo la Torino degli anni '70. Si calcola che circa 50 mila persone lavorino dentro quella città nella città che è Microsoft. Sull'autostrada esistono ben tre uscite che sono dedicate agli uffici dei dipendenti di Bill Gates, i quali si muovono con una flotta numerosissima di shuttle per i diversi complessi e per le diverse aree di Seattle in cui sono presenti uffici. I pendolari più fortunati (mica tutti) hanno a disposizione autobus che li prelevano da casa al mattino e li riportano la sera a domicilio. Questi autobus sono dotati di wi-fi, cosicché appena saliti a bordo è come essere in ufficio. Se questa sia fortuna, o meno, è tutta da vedere. Ma il fatto che a Seattle i ristoranti inizino a riempirsi alle 18.30 e le 19 dovrebbe far venire qualche dubbio, almeno in Italia, sulla qualità media della vita dell'impiegato medio. Giornata lavorativa che inizia prima, finisce prima e...
Tutto a Redmond ruota attorno a Microsoft, per consentire a chi ci lavora di avere i migliori servizi, dai parchi ai centri commerciali. E l'azienda si prende cura dei suoi dipendenti, il patrimonio più prezioso per continuare a competere. Fa tristezza pensare che Adriano Olivetti, ad Ivrea, l'aveva capito con decenni d'anticipo. Ma la sua esperienza è finita affossata, ed è prevalso il solito modello conflittuale e micro-parcellizzato delle relazioni italiane. Quel modello che sta disintegrando da secoli il nostro Paese e che nessuna favola rinascimentale o risorgimentale sarai mai in grado di nascondere, forse perché è proprio quel tappeto retorico che ha consentito alla polvere di proliferare. (Per chi volesse approfondire l'idea di urbanistica che aveva Adriano Olivetti: "Le città di Olivetti", documentario multimediale realizzato dal fotografo Sandro Pisani, acquistabile su iTunes. www.pisaniphoto.com).
Lasciamo Redmond insieme a migliaia di pendolari che tornano a Seattle o ancora più a sud, verso Tacoma. Una domanda su tutte: cos'è per noi la qualità della vita? Andiamo a cercare la risposta in una hamburgeria che dal 1954 non si è mossa da Queen Anne.
Navigare è preciso, vivere non è preciso.
[Questo post è stato scritto da San Francisco, ma con la testa ancora a Seattle, alle tante persone che abbiamo incontrato: Michael e Susie; Andrea e il suo Caffè Torino; Carla, la texana, che dopo qualche mese a Portland è rientrata a "casa"; Susan, che è bastata un'ora a parlare in uno Starbucks perché chiamasse il marito e ci invitasse a cena a casa loro, e maledizione che non siamo riusciti ad andarci; e poi i tanti di cui non sappiamo i nomi. E i tanti luoghi che ci hanno ispirato, da Ballard a Magnolia. Insomma, Seattle è...].
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