07 marzo 2013

DIARIO MINIMO DA NEW YORK - 6 - Servizio Pubblico



Curioso come una scimmia. E Curious George, infatti, è proprio una scimmia. Ogni mattina scopre qualcosa di nuovo: come trasferire le fotografie con un computer, come preparare lo sciroppo d'acero a casa in 24 ore, come fare la regia di una trasmissione radiofonica. Curious George non se ne fa mancare una. Sistematicamente, prima d'imparare a fare qualcosa, sbaglia o si caccia nei guai. Ma non è mica l'unico. Anche Sally e il suo amico Nick sono invasati dal sacro furore della conoscenza e ogni mattina, sabato e domenica esclusi, se ne vanno in giro con il Cat In The Hat. Curious George, in un sogno delirante per la febbre, immaginava di fare un viaggio nel corpo umano per seguire i germi del raffreddore e i loro proibiti concerti blues? Ebbene, anche il Cat In The Hat porta i suoi amici dentro il corpo umano, con una piccola navicella, proprio come quella del famoso film, e si fa accompagnare da altre due strane creature che portano i capelli come Einstein. Dr. Seuss sarebbe contento di vedere come si è evoluta negli anni la sua creatura. La versione originale del più popolare libro per bambini degli Stati Uniti, The Cat in The Hat, prevedeva che Sally avesse un fratello, mai nominato ma presente come voce narrante. Nel nuovo cartone animato, The Cat In The Hat Knows A Lot About That, il ragazzino si trasforma nel vicino di casa di Sally. E, cosa più importante di tutte, adesso è afro-americano. La televisione pubblica americana vi augura il buongiorno, gente.

Ogni mattina, i bambini americani i cui genitori non siano schiavi della tv commerciale via cavo (ed è pressoché impossibile non diventarlo, giuro), hanno la possibilità di godersi due dei migliori cartoni animati per bambini mai realizzati. E alla fine della quotidiana avventura di Curious George è possibile vedere come altri bambini hanno fatto davvero i suoi stessi esperimenti e i genitori vengono informati sulle modalità per scaricare dal sito internet di PBS altri materiali utili per imparare. L'imperativo è categorico: educare gli adulti del futuro, non semplicemente intrattenerli. Educarli alla diversità, per esempio, perché la multi-etnicità che vivi quotidianamente a New York o Miami non è la regola in altre area del Paese, soprattutto quelle rurali lontane dalle coste. E lo stesso imperativo educativo permea l'intera programmazione della tv e della radio pubblica americana. Ma senza creare barriere tra quelle che in Italia sarebbero cultura alta, d'elite, e cultura bassa, popolare. Però, il blues rimane sempre la musica dei Mentre guardi l'ingorgo in autostrada dal finestrino dell'autobus, puoi ascoltarti in cuffia l'intervista al primo esponente del Nerdcore. La trasmissione Science Friday su WNYC, la radio pubblica newyorchese, ospita l'uomo che ha unito due passioni: quella per il rap e quella per l'informatica. Mc Frontalot, autoproclamatosi "Il 579esimo più grande rapper al Mondo", è un geek, uno di quegli smanettoni che trascorre ore e ore davanti al suo computer. E con il suo computer, dagli inizi del 2000, ha iniziato a suonare rap. Certo, siamo ben lontani dal Bronx dove il rap è nato (come lui stesso racconta), e sui siti che parlano del fenomeno Nerdcore è possibile trovare, al fianco di pochi commenti entusiastici, recensioni stroncanti e dozzine di insulti più o meno edulcorati e quasi tutti centrati sul fatto che il rap è roba da neri. Ma lui è davvero sereno (l'esatto contrario del rapper sessista incazzato col Mondo intero, titolare di un conto corrente multimilionario), e racconta di un'insegnante che usa il rap al liceo con i suoi studenti. Per un geek orgoglioso d'essere tale anche nel fare musica, uno che dei geek non ha tutta questa simpatia. "Ma i ragazzi della Silicon Valley pensano che durante il giorno non abbiamo altro da fare che smanettare con uno smartphone?", dice l'ospite di una trasmissione pomeridiana di WNYC. "Attenti al tracciamento di qualunque nostra attività: perché se è innegabile l'utilità sociale, è anche vero che se decido che non voglio condividere con il resto del Mondo i miei dati, posso essere scambiato per un matto che non ha amici o la mia assicurazione potrebbe pensare che io voglia nascondere qualcosa sulla mia salute e così potrebbe aumentarmi il premio, che invece calerebbe se io lasciassi loro la possibilità di controllare periodicamente le mie analisi del sangue". Non fa una piega. La politica e l'economia trovano ampio spazio, con analisi e approfondimenti. La morte di Hugo Chávez, con quello che ha comunque rappresentato e con le prospettive future, raccontate da decine di testimoni, ha stravolto le scelte della redazione, che altrimenti si sarebbe orientata, come ormai da giorni, sulle conseguenze dei tagli automatici al bilancio federale. Anche le politiche sull'immigrazione sono una costante di queste settimane. I politici democratici e repubblicani spiegano le loro posizioni, senza che a nessuno venga in mente d'interrompere. L'asprezza della campagna per le presidenziali è lontana, ma il giornalista chiede a Jeb Bush se stia già facendo un pensiero sulla Casa Bianca, mentre una commentatrice gli fa notare che sull'immigrazione, in meno di due mesi, ha cambiato posizione diametralmente, dopo aver detto a tutti che non era d'accordo con la linea del GOP. Si ascolta anche musica, sulla radio pubblica, soprattutto jazz. E si parla di musica. Una giovane racconta quelle che sono le mostruosità grammaticali nelle canzoni. Vabbé la licenza poetica, che magari ai Doors si poteva riconoscere; ma "You and I", a parte la rima con "sky", proprio non si può sentire. La radio e la tv pubblica ti ricordano ossessivamente che per continuare a offrirti questo servizio sono importanti le donazioni. Si, ci sono dei fondi pubblici (assai più limitati di quelli che immaginava Romney durante la polemica della campagna elettorale) e ci sono i contributi di grandi istituzioni universitarie o di grandi fondazioni come quella arcinota di Bill Gates (perché qui la filantropia, oltre ad essere, come ovunque, affare di sportivi o attrici in visita ad ospedali per bambini, è soprattutto comune abitudine di ricche famiglie che sentono l'obbligo morale di restituire alla società un minimo della fortuna che hanno realizzato, elargendo somme, a volte anche ingenti, ad organizzazioni no-profit di tutti i tipi). Ma questi soldi non sono sufficienti, e gli speaker ti rammentano almeno ogni mezz'ora che la radio e la tv pubblica possono esistere solo grazie al contributo di persone normali come te. Un richiamo costante alla responsabilità individuale e al senso d'appartenenza ad una comunità. Spiegargli a questi qui cosa sia il canone, lasciamo perdere. Quaggiù, ancor di più dopo il risultato patchwork delle elezioni italiane, anche per i marocchini che parlano un inglese stentato noi siamo dei marziani che parlano una lingua astrusa. "Italy? Mmm...!!", mi ride in faccia Mohammed. "Welcome in America, Bro!".

 [Nota a margine - Il DIARIO MINIMO è giunto alla fine. Dopo l'ennesimo trasloco in meno di due anni, le ennesime giornate passate a caricare la macchina, scaricare la macchina, fare le scale con valigie e scatoloni per due piani sempre più stretti, montare mobili, montare tende e riciclare cartoni. Dopo quattro mesi americani, dopo Miami, dopo la breve parentesi a Seattle e San Francisco, e di nuovo Miami, il DIARIO MINIMO termina qui a New York, dove il viaggio ha raggiunto la sua meta, anche se all'inizio nessuno sapeva quale sarebbe stata. Le tende sono state piantate e rimarranno qui per un po'. Sui pacchetti nel congelatore ci saranno etichette nuove. Dopo la sua lunga storia a Torino, che si porta appresso, il FREEZER funziona sempre. Da oggi ha solo una nuova casa, a Brooklyn. E per festeggiare, "Champagne for Gypsies", di Goran Bregovic. Dritta dritta dalla mia nuova radio preferita, Dabliu-En-Uai-Si].

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